sabato 29 marzo 2008

E se Moratti guardasse a casa sua?

I ricchi, quelli molto ricchi, pur avendo anche una parvenza buonista e amichevole, sono abituati ad avere tutto nella vita, a volere tutto, anche il cosiddetto giocattolo dell’amico. Perché pagano e per questo pensano che tutto sia in vendita, anche l’affetto, il rispetto, la serietà, la gratitudine. Sanno solo prendere e danno nel momento in cui possono chiedere qualcosa in cambio. Fanno e disfano a loro piacimento e la colpa è sempre degli altri, mai una volta che prendano in esame l’autocoscienza, quello di ammettere il proprio errore. Così a pagare sono sempre quelli che appartengono all’anello debole della catena, che magari non fanno parte dei fedelissimi che godono anche quando vengono bastonati. I cosiddetti servi, che non si rendono conto che esistono delle alternative, in quanto non sarebbero in grado di fare altro che compiacere il potente che gli fa la grazia di un briciolo di popolarità e del denaro non meritato. Questa potrebbe essere la parabola di un ricco industriale del petrolio, che gioca a fare il presidente di calcio, oltretutto di una squadra blasonata e importante come l’Inter. Un bel giorno decide che l’allenatore che in fondo gli ha dato due scudetti e sta vincendo il terzo, con il primo considerato di latta, vinto per disgrazie altrui, non va più bene e pur avendogli rinnovato il contratto in tempi non sospetti, decide di lasciarlo a piedi. Tanto lo paga, per cui Mancini, sotto l’aspetto economico può dormire sonni tranquilli.
Ora che fa Moratti? Si guarda attorno, alla ricerca del tecnico esotico da far sedere sulla panchina nerazzurra, ma poi capisce che forse avere una squadra che è una babele di lingue e comportamenti diversi non va più bene, siamo più autarchici e scegliamo in Italia. Però i migliori allenatori sono tutti impegnati, c’è Lippi libero, ma l’ha già provato una volta ed è andata male. C’è un mister che è bravissimo, non parla tanto ma fa molti fatti, ha deciso di sposare un progetto a lungo termine ed è stato blindato fino al 2011 dalla sua attuale società. Ma non importa, chi se ne frega, io lo tento, pensa Moratti, lo tento con il denaro, il progetto immediato, perché non devo studiare, io, a far quadrare i conti della società, io vendo petrolio, i soldi mi arrivano a palate senza che io muova un dito, per questo mi diverto con il calcio. Moratti ammette che gli piace Prandelli, ma non va a disturbare gli allenatori accasati. Ah no, questo non è mica un disturbo, se mai è creare confusione, mettere sotto pressione l’ambiente viola, che dopo anni di tribolazioni ha trovato il messia in grado di dare speranza ai fiorentini.
Prandelli al momento tace e sappiamo già che in conferenza stampa dirà che è lusingato, mai dire mai nella vita, ma che al momento pensa solo alla Fiorentina. Noi siamo certi che Prandelli, persona onesta e solida caratterialmente, rimandi al mittente le proposte. Prima o poi arriverà anche il momento dell’addio, è normale come in ogni cosa e lui gli addii li conosce fin troppo bene, anche quelli con una persona amata che non ritornerà mai più. Tutto l’ambiente viola è sicuro che Prandelli non se ne andrà, non adesso, perché lui è un uomo di parola e le strette di mano hanno ancora un valore, non solo simbolico. Però il disturbo dà fastidio, perché si ha sempre l’impressione di essere snobbati dal calcio che conta. La Fiorentina ha saputo prendere giocatori di valore che le big hanno ignorato? Bene cerchiamo di portarli via, con i soldi, con il prestigio. Ma ci vuole anche credibilità, Signor Moratti, la Fiorentina, i Della Valle che lei conosce molto bene, un progetto ce l’hanno, lei cosa propone a Prandelli? I campioni altisonanti che quando li metti in panchina ti remano contro o ti insultano? Vuole tornare sui suoi passi e ricominciare con i giovani talenti italiani? Non ci crediamo nemmeno piangesse turco. Il bello del calcio che noi, gente comune, vorremmo è quello che un giorno anche i club meno altisonanti possano permettersi di dire no ad una big: mi spiace i campioni me li tengo. Li pago meno ma gli garantisco serenità e la possibilità di mettersi in mostra in un ambiente che sa ancora commuoversi per la tragedia che può colpire chiunque, il personaggio come l’uomo comune, perché al di là del calcio c’è sempre una vita da vivere.

lunedì 24 marzo 2008

Niente di personale

In questo periodo sterile di interessante giornalismo d'inchiesta e di trasmissioni intelligenti spicca l'approfondimento de La7 con "Niente di personale", in onda il lunedì sera in prima serata, tramissione condotta dall'ottimo Antonello Piroso. La puntata andata in onda il 24 marzo, nella giornata di Pasquetta, è stata tremendamente bella, autentica, emozionante e allo stesso straziante. Sono intervenuti molti, purtroppo tanti e tragicamente pochi rispetto al numero, i famigliari delle vittime di mafia, dove ciascuno ha lasciato il suo intervento in piena libertà. Si è parlato di personaggi importanti, come Peppino Impastato, Pippo Fava, Elio Rostagno, Placido Rizzotto, Carlo Alberto Dalla Chiesa, così di persone meno celebri, ma che vanno ricordate alla pari dei nomi più altisonanti. Alla fine la trasmissione ha chiuso con Don Ciotti, un prete, un uomo, cui inchinarsi di fronte alla sua dignità è il minimo che si possa fare. Gesù ha mille volti nella nostra società, uno senza dubbio è il fondatore di Libera, un uomo che rappresenta la chiesa umile, che lotta dal basso per ridare dignità umana a chiunque si senta interprete di un progetto importante, un prete scomodo che vive scortato e che l'alto clero guarda con sospetto, ma che può avvicinare alla fede grazie alla sua vera fedeltà agli insegnamenti di Cristo.

Il plauso principale va al conduttore, a Piroso, che ha avuto coraggio, che ce lo mette ogni volta che racconta qualcosa di scomodo. Piroso è diretto, senza retorica, non prevalica mai l'interlocutore, che ha lo spazio per parlare ed esporre il suo racconto. Questo genere di trasmissioni ci fanno capire che in questa "schifezza" chiamata Italia c'è ancora qualcosa di importante da salvare, per cui vale la pena lottare e ricominciare.

Le mie due note personali riguardano la Sicilia, una terra che amo pur non conoscendola bene, avendo solo messo piede per un giorno a Messina. Eppure il suo colore, il suo profumo, la sua intensità la rendono bella ed affascinante, al di là di quella stortura chiamata mafia.

Una parte della mia famiglia andò in Sicilia, a Catania, parenti che non ho mai conosciuto, ma che mi sono stati raccontati da mia nonna e mio padre, che mi hanno sempre inorgoglita, perchè avere in qualche modo delle radici, dei canali siciliani è un vanto e non qualcosa da nascondere, per paura o vergogna. Io amo quei siciliani che ci racconta Camilleri, con il suo Montalbano irreprensibile, umano, onesto, uomo vero che ama la legalità e la giustizia, ma che sa riconoscere quando il sentimento deve superare la legge.

La Sicilia non è solo la vergogna della mafia, che troppe volte supera le barriere di una terra bella e ricca di colore e umanità. La Sicilia è di coloro che hanno coraggio nel denuciare, che viaggiano a testa alta per non essersi abbassati al capo cosca di turno, anche se poi finiscono in orizzontale, la loro testa sarà sempre più alta di un cumulo di terra. Un giorno qualcuno ce la farà a denunciare e ad avere ragione, dove potrà farlo in libertà, senza scorta, ma bisogna aiutare la gente del Sud a non avere paura, a non sentirsi sola, bensì parte di una penisola che non si ricorda della Sicilia solo quando è ora di votare, ma è presente quotidianamente in mezzo alla gente che vuole voltare pagina.

Con questo vorrei finire abbracciando tutti quei famigliari che hanno visto qualche loro caro ammazzato per aver avuto coraggio, abbraccio tutti coloro che stanno lottando per la libertà e ogni giorno rischiano la vita, perchè finora lo stato ha preferito stare al fianco dei mafiosi per interesse di parte. Uno stato che però ha avuto anche personaggi che hanno lottato, credendo nella loro missione pubblica. Il riscatto di un paese avviene sempre dal profondo sud, per questo l'Italia non deve dividersi, ma unirsi, come ha detto don Ciotti, perchè la missione di un prete è quella di unire il cielo alla terra, mentre la missione di ciascuno di noi è tendere la mano a chi ne ha bisogno, solo chi non è solo può lottare per la verità.

lunedì 17 marzo 2008

F1: attenti alla scocca che si sbriciola

Domenica 16 marzo si è disputato a Melbourne il primo Gran Premio della stagione 2008 con la vittoria di Lewis Hamilton e la disfatta delle due Ferrari. Al di là dei problemi di affidabilità della Rossa, in cui è emerso che a sbagliare maggiormente sono stati i due piloti, che hanno dato l'impressione di non essersi ancora impratichiti a dovere senza il controllo della trazione, a turbare la prima gara della stagione sono stati i due incidenti di Coulthard e Timo Glock. Il primo è stato per così dire investito da una delle varie sbavature di Massa, che ha praticamente mandato nella sabbia lo scozzese, con tanto di turpiloquio da parte di Coulthard, mentre il secondo è uscito di pista per un suo errore o per un guaio tecnico. Entrambe le monoposto non hanno picchiato contro le barriere, ma la scocca si è come sbriciolata in vari pezzi di carbonio che, come pellicole di cipolla, sono volati attorno al circuito con relativa e necessaria entrata in pista della safety car, che domenica ha avuto parecchio lavoro da fare.Questo fatto non è parso affatto normale, l'incidente di Glock è sembrato più tragico di quello che effettivamente è avvenuto. La Toyota del debuttante pilota tedesco è leggermente decollata quando è salita sul cordolo, ma non ha assolutamente centrato nessuna barriera. Il pilota infatti non ha subito traumi se non un leggero choc che l'ha lasciato semi svenuto per qualche istante. Può essere che le nuove norme prevedano questa specie di "esplosione" delle fibre di carbonio per attutire la forza gravitazionale e fare sì che l'abitacolo resti intatto, ma il dubbio che la questione sia diversa rimane. Le monoposto di F1 sono sempre più leggere per andare ovviamente più veloci, raggirare così le regole che invece vorrebbero un tantino “frenare” l’eccessiva velocità, proprio in nome della sicurezza. Ma la legge principe della F1 è andare sempre più veloci, per cui si sopperisce alle limitazioni regolamentari alleggerendo le monoposto in corsa, salvo poi utilizzare vari tipi di zavorre perché il peso risulti in regola e non sotto il limite consentito. Non è escluso che certi problemi si verifichino solo nelle cosiddette scuderie minori, che cercano sempre di estremizzare le scelte aerodinamiche per raccogliere qualche decimo in meno rispetto alla concorrenza. In effetti la Ferrari ha retto meglio agli urti di Massa e Raikkonen, però è bene fare attenzione a quanto osservato. Da quel 1 maggio 1994, dove perse la vita Senna e il giorno prima Raztenberger a Imola, per fortuna la F1 non ha più registrato drammi simili, ma le probabilità che qualcosa del genere possa capitare è sempre in agguato, per questo occorre vigilare con attenzione. La sicurezza è sempre al primo posto negli interessi della Fia e dei team, ma a volte per ottenere qualche vantaggio rispetto all'avversario, si fa finta di niente, confidando nella fatalità amica, che però quando meno te l’aspetti può girarti le spalle.

martedì 11 marzo 2008

FIORENTINA in Champions? Le grandi tremano

A margine dell’Assemblea di Lega che si è riunita lunedì a Milano, per definire alcune regole sulla vendita dei futuri diritti tv (la Lega sarà affiancata da un advisor per la trattativa) Galliani ha fatto alcune esternazioni non proprio positive sulla Fiorentina in Champions League, quasi un ammonimento. Le dichiarazioni sono state fatte a microfoni spenti, ma erano presenti giornalisti delle più note testate giornalistiche. L’ad del Milan avrebbe detto: “In Champions dovrebbero andarci Milan e Juventus. Che c'entra la Fiorentina con la Champions? In futuro vedremo ma adesso non mi pare una squadra che possa rappresentare degnamente il calcio italiano in una competizione come la Champions". (Fonte HSL) Dunque al momento la collocazione più adatta alla misura della Fiorentina, secondo il pensiero di Galliani, è la Coppa Uefa, della serie è in Europa, ma non rompa le scatole alle big nella massima competizione internazionale. Rendendosi conto di averla sparata grossa e che le sue parole non sarebbero rimaste chiuse nel cassetto, ha fatto marcia indietro poco dopo, smentendo di averle pronunciate, scegliendo la linea berlusconiana di negare sempre il fatto, pur esso evidente. Ma i giornalisti presenti di Repubblica, il Giorno e Corriere dello Sport hanno confermato il tenore del suo discorso.
Se i giochi sono puliti, come dovrebbero essere, in Champions non ci devono andare le squadre che godono di potere divino, come succedeva ai tempi dei faraoni, eletti per legge suprema, ma chi merita sul campo. Le gerarchie del calcio devono cambiare se si vuole dare spazio a nuove realtà e concedere pari opportunità a tutti, dove dovrebbero contare i progetti, le idee e la bravura di chi opera sul mercato e sul campo, proprio come il duo Corvino/Prandelli. Quelle di Galliani, non essendo esternazioni ufficiali, non possono essere smentite pubblicamente, ma a questo punto si spera che le sue parole siano state dettate solo dalla paura di perdere l’Europa, dalla constatazione che il Milan è in difficoltà e sarebbe una tragedia non centrare l’ultimo posto disponibile in Champions. Chi ha sperato che dopo Calciopoli le cose cambiassero leggermente, totalmente era impossibile, è rimasto deluso, perché per un Moggi accantonato, almeno ufficialmente, restano pedine impazzite nel sistema che continuano lo stesso scempio sulla credibilità del nostro calcio.
In Uefa, con tutto rispetto, ci vada il Milan, al quale un buon bagno di umiltà farebbe bene ai suoi dirigenti e permetterebbe loro di attuare un ricambio generazionale lavorando con calma senza l’assillo di dover incontrare Barcellona, Arsenal, Real Madrid e così via, dove urgono campioni che hanno più fame di successo rispetto ai rossoneri attuali. La Fiorentina sono due anni che perde la qualificazione Champions per cause altrui. Proprio il fatto che la Viola “disturba” le big la dice lunga quanto fosse colpevole per delle intercettazioni che mai hanno evidenziato aggiustamenti di partite, ma se mai hanno solo accertato una certa preoccupazione da parte della dirigenza gigliata di non essere gradita al sistema calcio italiano. La Fiorentina dei Della Valle, rinata dalle ceneri passate, merita rispetto per come ha saputo risollevarsi diventando un modello da seguire, senza sperperare soldi, ma prendendo le persone giuste. Se i viola dovessero perdere la qualificazione Champions, dovrà succedere solo colpa loro, perché hanno demeritato sul campo e altri sono stati più bravi, non perché qualcuno a tavolino ha deciso diversamente.

sabato 8 marzo 2008

8 marzo... ma le elezioni sono più importanti

L'8 marzo Festa della Donna, si fa per dire, perchè non dev'essere in un giorno solo che si ricorda il popolo femminile, i suoi diritti, le sue tragedie, i suoi desideri, l'informazione televisiva ha deciso di non aprire i tg parlando di questa giornata, bensì ha preferito dare spazio ai comizi elettorali di Berlusconi e Veltroni. Siamo in campagna elettorale, ma è abbastanza noioso dover sempre sentire il solito politicuccio che si parla addosso, che fa della demagogia alla quale non crede nemmeno più il cane del vicino, tralasciando di parlare di una giornata al femminile, che va ben oltre al mazzo di mimosa che si regala in segno di ringraziamento.

Le donne che ancora oggi sono vittime dell'oppressione maschile, situazione vergognose che si possono trovare ovunque, nei paesi più evoluti come in quelli più arretrati, che ti stanno a fianco, magari anche solo oltrepassando il muro del vicino. Non è sempre così, perchè ci sono uomini sensibili e responsabili, come donne che pur di fare successo sono ancora disposte a vendere il loro corpo, sfruttando il lavoro più vecchio al mondo.

Non si risolve il problema diritti al femminile facendo sempre la battaglia al maschio, ma trovando un punto d'incontro che permetta una migliore armonia nella vita. Ci sono donne che quando arrivano al potere non aiutano le compagne dello stesso sesso ad ottenere successo, perchè sono ancora più avide a tenere il loro e se mai qualcun altro dovesse superarle al comando è meglio che sia maschio piuttosto che un'altra donna.

E' soprattutto una questione di cultura, più le donne studiano, si evolvono mentalmente e meglio riusciranno ad essere critiche e tenere alta una conversazione, trovare la soluzione giusta, essendo anche più pratiche e perdendosi meno nel superfluo.

Le donne devono anche avere diritto di scelta, nell'aborto, come nel matrimonio, nel lavoro come in politica, senza avere timore religioso. Infatti è proprio la Chiesa, agli alti livelli ecclesiastici, che non si evolve nei confronti delle donne, anzi tende a limitarne il ruolo, essendo solo un utero dove procreare senza provare piacere nel sesso. Bisogna riempire il mondo di bambini senza speranza, che servano a diventare manovalanza da sfruttare in ogni settore, anche in quello tristemente noto dei pedofili, cui la Chiesa di ogni religione non ne è esente.

La Chiesa che non ha mai voluto riconoscere il ruolo di Maria Maddalena, relegandola ad una semplice prostituta che si è convertita dopo aver conosciuto la compassione di Cristo. Probabilmente è stata la donna di Gesù e ha anche procreato un figlio, ma Gesù, per essere credibile come figlio di Dio, doveva arrivare alla crocifissione illibato. Invece sarebbe meraviglioso, un inno alla vita, sapere che ha lasciato dei figli, degli eredi degni di lui, discendenti ancora viventi in mezzo a noi, che ci insegnano cos'è la vita e cos'è l'amore, proprio come l'ha vissuto il padre.

Dunque nel giorno consacrato alla donna, dedichiamolo una volta a Maria Maddalena, una donna che ha amato ed è stata affossata dall'idiozia di una Chiesa conservatrice e timorosa di Dio, senza rendersi conto che l'amore non deve mai avere timore.

sabato 1 marzo 2008

Forza Ron

I giornali italiani e tedeschi l'avevano giubilato, come se la spy story dell'anno scorso tra McLaren e Ferrari fosse solo colpa sua. Per cui era normale, almeno per gli italiani, che la Mercedes lo giubilasse. Ma non è così, Ron Dennis ha superato molte difficoltà, è partito come tecnico ed è diventato presidente della McLaren, non poteva chiudere la sua carriera in F1 sconfitto, non per colpa sua, ma da parte di chi forse non ha gradito che lui abbia seguito e portato nella massima formula automobilistica il primo pilota di colore, Lewis Hamilton.

No, Dennis non getta la spugna, prima vuole festeggiare il suo pupillo, poi magari lascerà, ma la F1 e la McLaren sono la sua vita e la vivrà fino in fondo. Bisogna constatare che, soprattutto da parte della stampa italiana, c'è in corso una caccia alle streghe nei confronti del team anglo-tedesco offensivo e vergognoso, tipico del solito servilismo dei media nei confronti della Fiat/Ferrari.

La McLaren avrà sbagliato, chi lo sa, ma si conoscono i metodi della Fiat, in stile Moggi, vincere, costi quel che costi, anche a tavolino. Così è successo l'anno scorso, quando la Rossa di Maranello, preoccupata di perdere il mondiale costruttori, si è inventata la spy story e ha forse pilotato dall'alto il tasto sbagliato di Hamilton nel Gran Premio del Brasile, ultimo appuntamento mondiale della stagione 2007, dove alla fine vinse Raikkonen.

Quest'anno dev'essere un'altra storia, non ci devono essere ingerenze esterne e politiche in pista, vinca il migliore, ma è sempre difficile competere ad armi pari quando c'è una Fiat/Ferrari prepotentemente forte, non solo in Italia, ma anche all'estero. Ma la Mercedes ha un marchio ugualmente importante da difendere e lo può fare solo in pista, a testa alta, con Ron Dennis al comando.