lunedì 24 marzo 2008

Niente di personale

In questo periodo sterile di interessante giornalismo d'inchiesta e di trasmissioni intelligenti spicca l'approfondimento de La7 con "Niente di personale", in onda il lunedì sera in prima serata, tramissione condotta dall'ottimo Antonello Piroso. La puntata andata in onda il 24 marzo, nella giornata di Pasquetta, è stata tremendamente bella, autentica, emozionante e allo stesso straziante. Sono intervenuti molti, purtroppo tanti e tragicamente pochi rispetto al numero, i famigliari delle vittime di mafia, dove ciascuno ha lasciato il suo intervento in piena libertà. Si è parlato di personaggi importanti, come Peppino Impastato, Pippo Fava, Elio Rostagno, Placido Rizzotto, Carlo Alberto Dalla Chiesa, così di persone meno celebri, ma che vanno ricordate alla pari dei nomi più altisonanti. Alla fine la trasmissione ha chiuso con Don Ciotti, un prete, un uomo, cui inchinarsi di fronte alla sua dignità è il minimo che si possa fare. Gesù ha mille volti nella nostra società, uno senza dubbio è il fondatore di Libera, un uomo che rappresenta la chiesa umile, che lotta dal basso per ridare dignità umana a chiunque si senta interprete di un progetto importante, un prete scomodo che vive scortato e che l'alto clero guarda con sospetto, ma che può avvicinare alla fede grazie alla sua vera fedeltà agli insegnamenti di Cristo.

Il plauso principale va al conduttore, a Piroso, che ha avuto coraggio, che ce lo mette ogni volta che racconta qualcosa di scomodo. Piroso è diretto, senza retorica, non prevalica mai l'interlocutore, che ha lo spazio per parlare ed esporre il suo racconto. Questo genere di trasmissioni ci fanno capire che in questa "schifezza" chiamata Italia c'è ancora qualcosa di importante da salvare, per cui vale la pena lottare e ricominciare.

Le mie due note personali riguardano la Sicilia, una terra che amo pur non conoscendola bene, avendo solo messo piede per un giorno a Messina. Eppure il suo colore, il suo profumo, la sua intensità la rendono bella ed affascinante, al di là di quella stortura chiamata mafia.

Una parte della mia famiglia andò in Sicilia, a Catania, parenti che non ho mai conosciuto, ma che mi sono stati raccontati da mia nonna e mio padre, che mi hanno sempre inorgoglita, perchè avere in qualche modo delle radici, dei canali siciliani è un vanto e non qualcosa da nascondere, per paura o vergogna. Io amo quei siciliani che ci racconta Camilleri, con il suo Montalbano irreprensibile, umano, onesto, uomo vero che ama la legalità e la giustizia, ma che sa riconoscere quando il sentimento deve superare la legge.

La Sicilia non è solo la vergogna della mafia, che troppe volte supera le barriere di una terra bella e ricca di colore e umanità. La Sicilia è di coloro che hanno coraggio nel denuciare, che viaggiano a testa alta per non essersi abbassati al capo cosca di turno, anche se poi finiscono in orizzontale, la loro testa sarà sempre più alta di un cumulo di terra. Un giorno qualcuno ce la farà a denunciare e ad avere ragione, dove potrà farlo in libertà, senza scorta, ma bisogna aiutare la gente del Sud a non avere paura, a non sentirsi sola, bensì parte di una penisola che non si ricorda della Sicilia solo quando è ora di votare, ma è presente quotidianamente in mezzo alla gente che vuole voltare pagina.

Con questo vorrei finire abbracciando tutti quei famigliari che hanno visto qualche loro caro ammazzato per aver avuto coraggio, abbraccio tutti coloro che stanno lottando per la libertà e ogni giorno rischiano la vita, perchè finora lo stato ha preferito stare al fianco dei mafiosi per interesse di parte. Uno stato che però ha avuto anche personaggi che hanno lottato, credendo nella loro missione pubblica. Il riscatto di un paese avviene sempre dal profondo sud, per questo l'Italia non deve dividersi, ma unirsi, come ha detto don Ciotti, perchè la missione di un prete è quella di unire il cielo alla terra, mentre la missione di ciascuno di noi è tendere la mano a chi ne ha bisogno, solo chi non è solo può lottare per la verità.

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